La pandemia in corso, per quante molteplici declinazioni al negativo possa assurgere, si sta rivelando altresì un acceleratore sociale per quegli individui che vogliono riacquistare conoscenze e competenze, al fine di farsi trovare preparati nel nuovo mercato del mondo che verrà.
La ripresa lascerà sicuramente strascichi importanti e per questo motivo un nuovo riposizionamento nella società è visto come un trampolino di rilancio per molte persone. Una sorta di “anno zero” che non può dunque non essere auspicato come una ripartenza alla pari, dove ognuno vorrà farsi trovare preparato al restart e, magari, migliorare il proprio status sociale.
Diventa indispensabile, dunque, adeguarsi ad un livello di istruzione alto e, soprattutto, farlo secondo le necessità che la modernità oggi impone e, di conseguenza, offre.
L’antropologa americana Margaret Mead sosteneva che ai bambini andasse insegnato come pensare e non a cosa pensare. Su più larga scala, non applicando questo concetto meramente alle classi infantili, si dovrebbe estendere quest’idea anche all’uomo adulto. I nuovi paradigmi di oggi tendono a rimodellare l’agire e il percorso di apprendimento all’interno dell’innovazione galoppante e del progresso tecnologico (quasi) morboso.
Proprio per queste ragioni, l’attuale fascia di studenti universitari italiani sta preferendo, con notevoli percentuali di iscrizioni in aumento negli ultimi anni, gli atenei telematici con il loro metodo della formazione e-learning. Le università che offrono questo approccio stanno letteralmente spopolando e la dimensione dell’apprendimento online si sta rivelando un’eccezionale arma per chi predilige avanzare sul percorso formativo senza farsi travolgere da scomode prassi burocratiche e metodi obsoleti della didattica tradizionale (per buona pace, ormai, dell’accademico Irnerio di Bologna).
Inoltre, statisticamente, chi sceglie l’università telematica è spinto da una motivazione maggiore nel voler concludere il percorso entro i tempi della tabella di marcia inizialmente prevista, rispetto a chi frequenta gli atenei tradizionali che a volte rischia di bloccarsi in una drammatica impasse. Tuttavia, se fino a qualche decennio fa questa era quasi una consuetudine accettabile, oggi (e il momento attuale ce lo insegna ulteriormente) non si può più perdere un solo giorno di vita per non destinarlo a progettare un futuro migliore.
D’altronde, come già anticipava alla fine del ‘900 Arie de Geus nel suo bellissimo saggio “L’azienda del futuro”, la capacità di apprendere più velocemente degli altri potrà essere l’unico reale vantaggio sui propri concorrenti.
Fonte: Giuseppe Pardeo – Blog Uniecampus
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